Randor tirò indietro manetta e contemporaneamente azionò i propulsori per alzare la nave rispetto alla stazione spaziale. Inclinò la cloche e diede uno sguardo alla distanza. Era schizzato a tre chilometri.
Fermò la manetta.
Guardò ancora lo scanner, tutto come prima.
Tornò sul comunicatore e selezionò Porto Nova, dovette deglutire prima di cominciare il messaggio. “Vendicta operativo 4679-F, sono in orbita del Consorzio Agrario di Forcell T, la stazione di attracco è inoperativa e ci sono dei…corpi…fluttuanti…fuori dalla stazione…non so cosa sia successo, forse un incidente di pressurizzazione. Nessun canale aperto dal pianeta. Richiedo immediata assistenza”.
Immediata…ci vorranno quasi dodici ore perchè il messaggio arrivi.
“Provo attracco manuale per cercare superstiti”. Strinse il pugno. Stava sudando.
“Chiudo”.
Si passò un dito per asciugare una lacrima che gli era uscita. L’unico contatto aperto era quello di navigazione della stazione.
Possibile che dal pianeta non si siano accorti di nulla?
Aveva fatto il suo dovere e avrebbe potuto tornare indietro.
Era solo un corriere.
Forse ci sono dei sopravvissuti.
Aumentò la manetta e si diresse verso la piattaforma di atterraggio.
Estrasse i carrelli di attracco magnetici e scese fino a bloccare la nave sulla piattaforma. Attese qualche secondo per vedere se la piattaforma si fosse azionata in automatico per portare dentro l’hangar la nave ma non successe nulla.
Uscì dalla cabina seguedo il corridoio interno che portava verso la zona cargo. Si fermò davanti all’armadietto dove teneva la pistola. Fissò per qualche istante il riconoscitore facciale. C’era della polvere sopra. Con il dorso della mano rimosse la polvere e lo azionò. Prese pistola e cintura, controllò il caricatore. 89%.
Si allacciò la cintura e si diresse verso l’uscita.
Erano almeno un paio di anni che non faceva una passeggiata spaziale. Nonostante Porto Nova consigliasse a tutti i corrieri di esercitarsi almeno ogni sei mesi quasi nessuno lo faceva. E perchè poi? La vita dei corrieri era semplice, sempre sulla nave, fuori e dentro porti di stazioni spaziali, fra una bar e una zona di carico e scarico. Era una vita solitaria ma non invidiava gli addetti alla manutenzione e i costruttori che passavano tutto quel tempo in passeggiate spaziali.
Il vuoto non gli era congeniale, meglio affrontarlo con un’astronave.
Prese il casco e indossò la tuta che si connetteva perfettamente alla sua tuta da pilota. Passò i comandi dagli occhiali al casco e aprì la porta di sbarco.
Azionò gli stivali magnetici e avviò la decompressione. La rampa si aprì di fronte a lui. Le luci fioche della stazione illuminavano abbastanza da fargli intuire il percorso. Una delle porte di manutenzione della torre era aperta. Forse è da lì che la decompressione è iniziata.
Si guardò intorno. Era atterrato sulla rampa B, le luci della sua nave illuminavano a sprazzi i corpi glaciali che fluttuavano intorno alla torre.
Flora. Povera Flora.
Si incamminò verso la porta di manutenzione.
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